L’importanza del monitoraggio della centrale dei rischi

La ricchezza dei dati contenuti nel sistema informativo della Centrale Rischi esplica il massimo delle sue potenzialità nei processi di valutazione del merito di credito e quindi nelle attività di assegnazione del rating all’azienda.

Per giungere a tale risultato vengono elaborati diversi fattori di input. Ebbene, la Centrale Rischi rappresenta quello più importante: rispetto alla valutazione complessiva il suo contributo può pesare fino al 60%. Ed è proprio per questo motivo che diventa essenziale organizzare un’attenta attività per il suo monitoraggio.

Al mondo esistono tantissimi modelli di rating (bancari o di agenzia) ma alcune logiche di analisi della Centrale Rischi risultano comuni ed equiparabili.

In particolare, un primo aspetto da considerare è che i dati della Centrale Rischi si rinnovano mensilmente e, di conseguenza, anche i modelli per la sua valutazione adottano la medesima frequenza di aggiornamento.
Ma attenzione: di norma la qualità della Centrale Rischi è valutata su una finestra temporale più ampia, di almeno 6 mesi.
Questo significa che un evento negativo registrato oggi, inficerà sul rating per almeno un semestre, ovviamente con un peso via via decrescente a seconda del tempo trascorso dalla manifestazione dell’evento.

Il secondo aspetto, riguarda il cosiddetto “andamentale”. Questa analisi punta ad intercettare degli elementi di potenziale rischio o anomalia della tesoreria aziendale. I modelli valutativi analizzano diverse grandezze e, per ciascuna, individuano dei valori di soglia massimi cui sono attribuiti diversi gradi di importanza e gravità.

Esistono diversi elementi da tenere in considerazione. Tra i più importanti sicuramente deve essere monitorato:

l’utilizzo medio delle linee di autoliquidante, che non dovrebbe mai superare il 70/80% dell’accordato. Meglio se la quota si attestasse attorno al 50%-60%;

l’utilizzo delle linee di c/c deve invece essere “elastico”, mai continuativo e, in ogni caso, inferiore al 50% dell’accordato. Certo, l’ottimale sarebbe non utilizzarle mai;

la presenza di finanziamenti a medio/lungo termine che seguono il regolare piano di ammortamento è percepita come un segnale di fiducia del sistema creditizio;

stesso dicasi per linee a scadenza entro i 12 mesi o relative ad operazioni import o anticipi contratti, percepite come molto rischiose in quanto non fondate su anticipi di crediti;

il rapporto tra fidi di autoliquidante e c/c (ottimale se pari ad almeno 4:1 indicativamente);

la qualità del credito commerciale è fondamentale: la CRBI riporta le statistiche sugli incassi e gli insoluti del portafoglio RIBA/SDD per ogni banca, per ogni mese. Un portafoglio crediti solido e regolare diminuisce il rischio percepito. In caso di crediti di bassa qualità è bene valutare forme alternative di finanziabilità degli stessi;

la percentuale di penetrazione della singola banca, sia rispetto al totale concesso che a quello utilizzato. È certamente consigliabile frazionare in maniera ragionata il lavoro, evitando concentrazioni che espongono a troppa dipendenza su pochi soggetti e, nel contempo, non fidelizzino e leghino altri intermediari.

In aggiunta a queste indicazioni arriviamo ad un terzo aspetto. Esistono dei veri e propri “allarmi”, dei “trigger”, che sono molto più impattanti rispetto a quanto appena descritto e che portano ad un immediato peggioramento del rating aziendale a loro verificarsi.

L’anomalia più comune è certamente lo sconfino, che si manifesta quando l’utilizzo di una linea di affidamento supera l’importo accordato. Se questa condizione persiste per più di 90 giorni, lo sconfino diventa “deteriorato” e quindi indice di un credito di scarsa qualità.

Infine esistono una serie di segnalazioni di impatto ancor maggiore, da evitare nella maniera più assoluta. In questa famiglia sono ricomprese le segnalazioni a sofferenze, il credito ristrutturato, le garanzie commerciali o finanziarie attivate e infine il passaggio a perdita.

E’ chiaro a questo punto che, qualora nell’attività di monitoraggio ci si accorga che la Centrale Rischi non è regolare, diviene fondamentale intervenire tempestivamente per capirne le ragioni e rimuovere gli elementi di rischio, in modo da evitare il ripetersi della fattispecie che ha portato alla segnalazione.

Solitamente, la genesi di quest’ultima è riconducibile sia a mancanze nella gestione della tesoreria aziendale ma a volte anche ad errori imputabili alla banca stessa: in questo caso possono essere di natura operativa (es. un ritardo della banca nella lavorazione degli anticipi presentati) piuttosto che di natura tecnica: un vero e proprio errore all’interno del flusso informativo comunicato a Banca d’Italia.
Una strategia pro-attiva, di presidio, di pianificazione, controllo e monitoraggio della Centrale Rischi rappresenta un modus operandi più efficace che limitarsi ad intervenire ex-post laddove emergano situazioni di anomalia, che magari vengono evidenziate dagli stessi intermediari con cui l’azienda opera.

Come ultimo aspetto, vale la pena sottolineare che già da tempo è possibile ricorrere ad alcune fonti di finanziamento diverse dal credito bancario. Parliamo, ad esempio, delle operazioni di emissione di minibond, di cessione dei crediti commerciali su piattaforme fintech, il ricorso al lending peer-to-peer e, in più generale, tutti gli strumenti che costituiscono la cosiddetta finanza alternativa.
Rappresentano, certamente, dei nuovi percorsi da esplorare. L’aspetto più importante, infatti, è che tali operazioni non vengono segnalate in Centrale dei Rischi, contribuendo quindi a mantenerla leggera, poco impegnata e più governabile.

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