Comunicato Stampa

VENETO EST: INCERTEZZA, TASSI E RITARDI INDUSTRIA 5.0 NEL 2024 INVESTIMENTI GIU’ PER IL 27,2% DELLE IMPRESE

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I risultati del Focus di Confindustria Veneto Est sulle intenzioni di investimento e assunzione delle imprese di Padova, Treviso, Venezia e Rovigo

VENETO EST: INCERTEZZA, TASSI E RITARDI INDUSTRIA 5.0 NEL 2024 INVESTIMENTI GIU’ PER IL 27,2% DELLE IMPRESE

La propensione ad investire nei prossimi sei mesi (in discesa) riguarda il 72,8% delle aziende, prevale la stabilità (57,8). Tra gli ambiti di investimento i driver sono formazione (78,4%), tecnologie informatiche (63,9), welfare aziendale (61%), impianti e macchinari. Aumenta il ricorso all’autofinanziamento. Al netto di sostituzioni, il 54,2% farà nuove assunzioni.

Il Vicepresidente vicario Alberto Zanatta: «Subito i decreti Industria 5.0 e tassi ancora giù per spingere gli investimenti
e la crescita». Il Delegato Ufficio Studi Federico Zoppas: «Le imprese reagiscono ma chiedono regole certe»

(Padova-Treviso-Venezia-Rovigo – 02.07.2024) – Lo scenario macroeconomico in chiaroscuro e i primi mesi del 2024 caratterizzati da una produzione manifatturiera ancora in contrazione (-2,2% tendenziale nel primo trimestre, non si intravedono segnali di svolta a breve), la domanda in stand-by da diversi (troppi) mesi, in attesa dei nuovi provvedimenti per Industria 5.0, raffreddano gli investimenti delle imprese del Veneto Est. Nonostante questa prevedibile fase di rallentamento, la propensione ad investire nei prossimi sei mesi riguarda nel complesso il 72,8% delle imprese di Padova, Treviso, Venezia e Rovigo (in discesa dal 79,4% dello stesso periodo 2023). Ma il dato di fondo è la stabilità (57,8%); quasi tre imprese su dieci (27,2%), con un’incidenza maggiore tra le piccole (30,1%), intendono ridurre gli investimenti, rispetto ai livelli dell’anno precedente; il 15% invece li aumenterà.
Sul piano quantitativo, nel corso del 2024 il 40,8% degli imprenditori prevede di investire tra l’1 e il 2% del fatturato; circa tre su dieci (28,9%) una quota compresa tra il 3-5%; il 16% (dal 25% nel 2023) oltre il 5% dei ricavi (il 4,6% oltre il 10). Innovazione e capitale umano rappresentano i driver per gli investimenti: tra quanti prevedono di investire, quasi otto imprenditori su dieci (78,4%) lo faranno nella formazione per aggiornare o sviluppare nuove competenze in azienda; il 67,1% effettuerà investimenti in tecnologie e reti informatiche, il 63,9% nel welfare aziendale, il 61,0% in impianti e macchinari. Seguono, con quote superiori al 50% (erano possibili risposte multiple), gli investimenti in digitalizzazione (59,3%), capitale umano (58,9%), tutela ambientale (51,5%).

I tassi ancora alti (dopo la limatura BCE dello 0,25%) e le condizioni di finanziamento restrittive, inducono le imprese a ridurre la domanda di credito bancario per gli investimenti. La quota maggioritaria (55,7%), concentrata nelle imprese medio-grandi, ha fatto maggior ricorso all’autofinanziamento, compensando la minore leva con le scorte di liquidità, per non richiedere nuovi finanziamenti a costi più elevati. Il 12,7% ha richiesto finanziamenti bancari a medio-lungo termine; il 6,3% a breve (il 4,1% leasing; appena il 2,6% incentivi pubblici).
Si mantiene, inoltre, vivace la domanda di lavoro delle imprese. Al netto delle sostituzioni per pensionamento, il 54,2% prevede di fare nuove assunzioni nel corso del 2024 (71,1% tra le grandi), per dotare l’impresa delle competenze necessarie per un rinnovamento complessivo (26,4%), per sostenere la crescita della domanda (24,1%), supportare cambiamenti tecnologici, organizzativi (21,9%) o l’espansione in nuovi mercati (12,8%).

Sono queste le principali evidenze dell’indagine congiunturale e del Focus “Le imprese tra investimenti e capitale umano. Le opinioni degli imprenditori di Confindustria Veneto Est” realizzato dall’Associazione, in collaborazione con Fondazione Nord Est, tra aprile e maggio 2024 su un campione di 806 imprese manifatturiere e dei servizi delle province di Padova, Treviso, Venezia e Rovigo, che ne rileva le intenzioni di investimento e assunzione nell’anno in corso.

«Nonostante uno scenario incerto e turbolento – commenta Federico Zoppas, Consigliere Delegato di Confindustria Veneto Est per l’Ufficio Studi , caratterizzato da instabilità geopolitica e frenata di mercati cruciali come la Germania, energia, materie prime e trasporti soprattutto via mare ancora cari, tassi elevati, gli imprenditori continuano ad investire oggi, sia pure con maggior cautela, per affrontare un riposizionamento tecnologico, digitale e geografico e ritagliarsi un importante vantaggio competitivo nel prossimo futuro. Affinché questo accada, vanno rimossi i fattori di incertezza, proseguito in modo più incisivo il taglio dei tassi della BCE, sostenute con grande attenzione soprattutto le piccole imprese, che hanno possibilità di investimento strutturalmente più basse delle medio-grandi a causa di una minore capacità finanziaria e maggiore difficoltà a reperire risorse umane qualificate».

«Servono scelte di politica industriale coraggiose – dichiara Alberto Zanatta, Vicepresidente Vicario di Confindustria Veneto Est. Quindi, chiediamo al Governo di emanare subito il decreto attuativo del credito di imposta Transizione 5.0, annunciato da molti mesi, perché sia utilizzabile già da metà luglio, visto l’attuale orizzonte temporale limitato al 31 dicembre 2025 per poterne usufruire, con regole di ingaggio chiare e facilmente accessibili, così da sprigionare i 6,3 miliardi del PNRR nei tempi previsti e permettere alle aziende di finalizzare i necessari investimenti in tecnologia e competenze per la digitalizzazione e il risparmio energetico. Da qui e da misure strutturali, con una visione almeno a cinque anni, e da interventi più decisi della BCE sui tassi, potrà venire una decisa spinta agli investimenti, alla fiducia delle imprese e alla produttività, quindi maggior vigore alla crescita a fine anno».
«Allo stesso tempo – conclude Zanatta – serve ridurre il costo dell’energia che oggi ci penalizza rispetto agli altri Paesi europei, puntare a un costo unico dell’energia, laddove oggi l’Italia paga 86 euro a mwh, la Spagna 14, la Francia 28, e all’indipendenza energetica, con il nucleare nel mix di fonti, per raggiungere gli obiettivi climatici garantendo allo stesso tempo il futuro dell’industria nazionale ed europea».

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